4 Giugno 1986
Amici miei,
E con molta emozione che questa sera ricevo il titolo di cittadino della città di Salvador. Ringrazio voi, signori Consiglieri, e voi che siete venuti fino a qui per prendere parte con me a questa gioia.
Nel mese di Novembre del 1965 arrivai a Salvador, rispondendo alla chiamata di Cristo, e cominciai ad essere affascinato da questa città, piena di bellezza e di misteri, che ancora perdurano, nonostante tutti i tentativi dei suoi amministratori di rovinare il paesaggio e l’arte coloniale della città.
Arrivai qui e pian piano cominciai a entrare in contatto con la gente delta periferia, vivendo con loro drammi, problemi e gioie.
Scoprii un popolo con un grande potenziale di umanità, di cultura, che difficilmente possono essere definiti se non con la parola che caratterizza tutto questo, e che per noi è motivo di orgoglio: essere baiano.
In questa città vive un popolo accogliente, che, nonostante il razzismo della cultura dominante, seppe fare la sintesi delle tre razze e delle tre culture: la india, la negra, la europea.
In questa città vive un popolo lottatore, che continua la storia della rivolta del gruppo dei “malês”, di Dona Zeferina, donna negra, animatrice del quilombo (villaggio di negri ex-schiavi, fuggiti dai padroni) di Urubu e della “Società protettrice degli Emarginati”.
Sono vissuto insieme a questa gente. Ero venuto per trasmettere il messaggio di Cristo, il messaggio dell’amore, ma devo riconoscere che ho ricevuto molto di più, perché questa gente vive già il messaggio di Cristo nel suo misticismo, nella sua religiosità, nelle sue credenze.
Ho imparato la bellezza dell’amicizia, dell’accoglienza, della famiglia. Avevo lasciato una famiglia in Italia, ho guadagnato qui una famiglia molto più grande. In molte delle vostre case mi sento come a casa mia: per me voi siete i miei fratelli, i miei padri, le mie madri. Sono vissuto insieme a questa gente e ho avuto l’onore di partecipare alle sue lotte.
E se, in questo momento, siamo qui riuniti non è solo per festeggiare uno straniero che si sente baiano e che diventa cittadino di questa terra. La nostra presenza qui è un segno di protesta. Protesta contro il Servizio Nazionale di Informazione (servizi segreti brasiliani), contro la polizia politica.
Nel 1982, al tempo dell’apertura democratica lenta, graduale, progressiva, ricevetti una risposta negativa alla mia richiesta di cittadinanza brasiliana. Questo faceva capire che l’apertura era ancora molto timida. Quest’anno, quando già era vigente la nuova Repubblica, ricevetti un secondo veto alla rinnovata richiesta di cittadinanza, e fu quindi chiaro che la democrazia è ancora solo una parola e che i resti dell’autoritarismo sono ancora forti in Brasilia.
Una delle ragioni per non concedermi la cittadinanza fu l’appoggio che avevo dato agli invasori del Marotinho. La mia partecipazione, in quell’episodio, fu di appoggiare e non di fomentare.
Le famiglie del Marotinho occuparono l’area tra Fazenda Grande e San Gaetano, spinti non da un sacerdote ma dalla miseria, dai bassi salari, dalla speculazione immobiliare, insomma dalla politica del Governo. Se al Marotinho ci furono dei responsabili dell’invasione, questi furono le autorità che provocarono e continuano a provocare l’esodo dalle campagne e non danno condizioni minime di vita alla grande massa degli abitanti delle città. Ho appoggiato le famiglie del Marotinho non mosso da motivi o ideologie politiche, ma per la mia fede in Cristo, perché sono cristiano e perché sono sacerdote.
Nella Bibbia è chiara l’opzione di Dio per i poveri. Nella Bibbia, attraverso la parola dei Profeti, Dio dichiara: “Guai a voi, che aggiungete casa a casa e unite campo a campo, finché non vi sia più spazio e così restate soli ad abitare nel paese” (Is. 5, 8).
Nel Vangelo di Matteo, Cristo dice: “Ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere; ero forestiero e mi avete ospitato...” (Mt. 25, 35). Oggi potremmo aggiungere: ero senza casa, senza lavoro, senza trasporti, senza educazione, senza garanzie politiche, senza garanzie di impiego. E voi cosa avete fatto? E aggiunge: “Ogni volta che avete fatto queste cose a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me” (Mt. 25, 40).
L’appoggio dato alla gente del Marotinho, ai senzatetto a causa delle piogge, alle lotte contro la carestia o per una vera democrazia, fu ed è la conseguenza della fede in Cristo presente nel fratello, la risposta alla sfida che ogni giorno riceviamo dal volto di Cristo, sfigurato nel volto degli emarginati nella periferia delle città che soffrono la fame, mentre vedono il lusso dei ricchi; sfigurato nel volto dei sottoimpiegati e dei disoccupati, cacciati dal lavoro dalle imprese, che guardano prima di tutto al lucro e che non si interessano dei lavoratori e delle loro famiglie. Volto di Cristo sfigurato nel volto dei giovani, frustrati soprattutto nelle regioni dell’interno e nei quartieri poveri delle città, che non hanno possibilità di successo né nella scuola né nel lavoro.
Volto di Cristo sfigurato nel volto dei bambini, segnati dalla povertà ancora prima di nascere, che non potranno svilupparsi, irrecuperabili per tutta la vita; bambini abbandonati e molte volte sfruttati.
Volto di Cristo sfigurato nel volto dei vecchi, ogni giorno più numerosi, emarginati dalla società del progresso, perché non producono più e così si pensa che non servono più.
Volto di Cristo sfigurato nel volto delle donne, considerate inferiori all’uomo, emarginate, disoccupate e che, facendo lo stesso lavoro, guadagnano meno dell’uomo, che sono costrette a prostituirsi per poter sopravvivere, semplicemente considerate oggetto di piacere.
Volto di Cristo sfigurato nel volto degli indigeni, i pochi che restano, che vivono in condizione disumana e sono ancora espulsi dalle loro terre. Volto dei negri emarginati, in vita disumana, che possono essere considerati i più poveri tra i poveri.
Volto di Cristo sfigurato nei volti dei contadini espulsi dalle loro terre dai grandi proprietari che vogliono aumentare il loro latifondo; volto di braccianti che non hanno terra, che vendono la loro giornata per un niente; volto di operai, quasi sempre con salari bassi, impediti di organizzarsi nella difesa dei loro diritti.
L’impegno per la giustizia, per i diritti, contro l’oppressione, lo sfruttamento, la corruzione è conseguenza del nostro essere cristiani, della nostra fede.
Un altro motivo per non ricevere il riconoscimento della cittadinanza brasiliana fui la pubblicazione di un bollettino delle comunità, considerato sovversivo.
Durante tutti gli anni che ho trascorso a Salvador, lavorando nelle comunità di Fazenda Grande, di Fonte do Capim, del Marotinho e nelle aree vicine, ho cercato di favorire la presa di coscienza e l’organizzazione indipendente della gente.
Cristo, allora, apri gli occhi dei ciechi. Oggi noi abbiamo l’obbligo di aiutare le persone a rendersi conto della propria situazione, a chiedersi il perché di quello che sta succedendo e a organizzarsi in maniera indipendente per difendere i suoi legittimi interessi.
Anche questa attività, genuinamente cristiana, richiamò l’attenzione perché è molto più facile dominare un popolo quando è ignorante, quando non è cosciente della propria dignità, quando non conosce i propri diritti, quando non sa difendersi.
Questa attività continua a richiamare l’attenzione, oggi come ieri, perché l’autorità può cambiare di persona e di colore politico, ma difficilmente cambia di atteggiamento.
Gli interessi personali, o di gruppo, o di partito, fanno in modo che la gente sia considerata massa di manovra per realizzare la rivoluzione pianificata da un gruppo scelto di intellettuali. È molto facile e comune decidere in una riunione del Consiglio o in una cellula di partito quello che è bene per la gente, è molto difficile lavorare perché cresca il livello della coscienza, perché sia il popolo a decidere la direzione da prendere.
E molto facile usare slogan e continuare a opprimere la gente.
Due mila anni fa’, una ragazza umile della Galilea diceva: “Dio ha rovesciato i potenti dai troni, ha innalzato gli umili” (Lc. 1, 52). È una sfida lanciata a tutti noi cristiani di lottare sempre perché queste parole diventino realtà, perché non succeda che quelli che stavano all’opposizione ed erano oppressi, diventino, un giorno al potere, oppressori dei loro fratelli.
La sfida che riceviamo spinge ciascuno di noi a non essere mai soddisfatto di quello che si fa. E normale che noi cristiani stiamo sempre all’opposizione dato che il progetto che abbiamo, il Regno di Dio, supera sempre le diverse realizzazioni.
Siamo con voi all’opposizione, ma nel giorno in cui voi foste maggioranza, nel giorno in cui voi foste al potere, potete essere sicuri che vi combatteremo, perché questa è la nostra collaborazione, una collaborazione critica, che non può identificarsi con questo e quel partito, con questa o quella corrente o tendenza.
Ringrazio per la concessione del titolo di cittadino di Salvador che mi onora molto,
e approfitto del momento per me tanto importante per affermare che dedico questo titolo
a tanti lottatori anonimi che con il loro sangue, il loro sudore stanno costruendo una
società nuova. Questo titolo appartiene a loro.
Voglio solo menzionare due amici: Eugenio Alberto Lyra Silva, avvocato del Sindacato dei Lavoratori Rurali di S. Maria da Vitoria, assassinato il 22 Settembre 1977, da sicari comandati dai propietari terrieri della regione per le sue attività in favore dei piccoli. Questo delitto è ancora impunito.
Voglio ricordare anche Alcibiade Ferreira Couto, animatore del Marotinho, che all’inizio dello scorso anno fu barbaramente bastonato e colpito da una pallottola dalla polizia e fino ad ora si trova immobilizzato nel suo letto. Anche questo delitto è ancora impunito.
Davanti a loro e davanti a voi, fratelli di Fazenda Grande, di Fonte do Capim, del Marotinho in Salvador, fratelli di Camaçari, di voi che siete qui presenti, rinnovo il mio impegno.
Non sono pentito di quello che ho fatto in favore del popolo. Avendo l’occasione, farei lo stesso, che lo vogliano o no i servizi segreti e le autorità.
Continuerò a stare alla vera opposizione, criticando, lottando perché le nostre città diventino città di uomini, dove i cittadini possano vivere come fratelli, ed essere interpreti responsabili della loro storia.
Grazie